Sul Lario per pescare e guardare il tempo scandito dalle stagioni

It’s winter-fall 
Red skies are gleaming – oh –
Sea gulls are flying over 
Swans are floatin’ by 
Smoking chimney-tops

Queen – A Winter’s Tale

Da un po’ di anni sto cercando di conoscere meglio il lago di Como. Per un po’ ho esplorato luoghi e monumenti e letto libri. Poi ho capito che non era sufficiente. E ho scelto di affidarmi alle persone che, a modo loro, stanno contribuendo a dare una continuità alla storia di questo lago.

Da tempo cercavo di individuare tra le località ancora oggi indicate nelle guide turistiche come borghi di pescatori, ma che in realtà non lo sono più, cosa fosse effettivamente rimasto sul Lario dell’attività di pesca, praticata a livello professionale. Un mestiere tradizionale e antichissimo sul lago.

Non proprio per caso sono arrivata quindi a San Giovanni di Bellagio. Un po’ più legato al caso, invece, è il fatto che sia riuscita a incontrare e parlare con un pescatore, Alessandro Sala, che appartiene a una famiglia di pescatori da generazioni e che, insieme alla moglie Rosy, ai due figli Gaia e Yuri, alla mamma e ad Ice, porta avanti ancora oggi questo lavoro faticoso con serietà, passione e rispetto. Il suo pescato viene quasi tutto assorbito dal ristorante di famiglia: il Ristorante Ittiturismo Mella. Per un periodo Alessandro si è dedicato insieme alla moglie all’attività di pescaturismo, che secondo lui offre potenzialità non ancora sfruttate sul lago, ma questa attività si è rivelata troppo onerosa per la famiglia Sala in termini di tempo in affiancamento a pesca e ristorazione ed è ora sospesa. Considero quindi un grande onore che mi sia stato concesso di accompagnare Alessandro e Ice a pescare a inizio novembre, l’ultimo giorno prima della chiusura invernale del ristorante, per fare un reportage fotografico che, se volete, potete vedere qui e leggere le didascalie per aspetti legati alle reti e alla pesca sul lago.

In una prima chiacchierata al ristorante un paio di settimane prima e poi durante le uscite in barca Alessandro mi ha raccontato di pesca, ma anche del lago, delle ville e dei loro proprietari storici e attuali, della vocazione al turismo straniero sul lago, di storia locale e di una zia di più di 100 anni che già adoro e vorrei conoscere.

Il pescato del lago viene quasi tutto assorbito dai ristoranti o dai privati, poco arriva sui banchi dei mercati.

Oggi sono presenti circa 70 pescatori professionisti in tutto il bacino del lago di Como. C’è un numero chiuso e c’è una legislazione che ha portato questa attività ad essere sempre più controllata e sostenibile. In passato si sono attraversati periodi di grave impoverimento della fauna ittica per uno sfruttamento incontrollato delle risorse, per il bracconaggio e per l’inquinamento. Adesso i pescatori professionisti collaborano con istituti di ricerca e incubatoi per il ripopolamento ittico del lago, tra cui ad esempio quello di Fiumelatte. Un biologo incaricato dalla province di Lecco e Como, Alberto Negri, coordina le attività di controllo dello stato di salute del lago. Esiste da 20 anni un libretto segna pesci per dichiarare cosa e in che quantità si pesca, Alessandro con giusto orgoglio, sottolinea che in altri laghi è stato introdotto solo negli ultimi anni mentre per quello di Como esiste da ben quattro lustri. Se sta bene il lago stanno bene le persone che abitano le sue sponde.

Sono presenti circa 28 specie di pesci nel lago di Como, se ne pescano circa una ventina, e questo consentirebbe di potersi dedicare alla pesca tutto l’anno rispettando i fermi biologici delle varie specie mediante una pesca selettiva attuata grazie alla dimensione delle maglie delle reti usate, alla profondità e ai metodi di pesca. Ad esempio, la pesca a strascico è proibita da molto tempo. Il fatto che negli ultimi anni il quantitativo di pesce rimanga più o meno attestato sulle 180 tonnellate annue sta a significare una situazione abbastanza sotto controllo anche se c’è ancora molto lavoro da fare per recuperare i danni fatti in epoche di urbanizzazione selvaggia e inquinamento.

Anche la qualità delle acque del lago è oggetto di studi e sembrerebbe migliorata negli ultimi decenni grazie all’introduzione, nei primi anni ’90 del secolo scorso, di depuratori che vanno a ridurre soprattutto l’inquinamento causato dai reflui urbani. Rimangono ancora critiche alcune aree più vicine ai maggiori centri abitati. E quelle dove sono presenti insediamenti industriali che in passato hanno sicuramente contribuito all’inquinamento. Sia il peggioramento della qualità delle acque sia il successivo miglioramento hanno influito modificando nel tempo la fauna ittica. Per fare un esempio, negli ultimi due decenni, sono diminuite di molto le alborelle che per un lungo periodo hanno rappresentato il pesce pescato in maggiore quantità, erano diventate quasi un simbolo del pescato del lago, e oggi sono specie protetta su cui vige il divieto di pesca. Da studi che si sono protratti nel tempo si è constatato che la diminuzione dell’inquinamento ha fatto sì che diminuisse la quantità di fosforo presente nell’acqua del lago che incrementava la formazione di zooplancton, principale alimento dell’alborella. Sono tornati ad aumentare i Coregoni che condividono lo stesso cibo e sono cresciuti gli uccelli ittiofagi come il cormorano e lo svasso. Per chi volesse approfondire può leggere questo dettagliato articolo.

Anche il ripopolamento ittico del lago con avannotti ha contribuito ad aumentare la presenza di pesci, è iniziato nella seconda metà del 1800 con l’introduzione del Coregone lavarello, proveniente dal lago di Costanza. Negli anni di maggior inquinamento del lago (anni ’70 del 1900) il lavarello era diminuito tanto che fu introdotta una seconda specie di Coregone, la bondella, dal lago di Neuchâtel situato nella Svizzera francese. Grazie al miglioramento della qualità delle acque, al ripopolamento e ad accorgimenti sulle dimensioni delle maglie delle reti, ora le due specie di Coregone rappresentano la maggior parte del pescato. Nonostante gli aneddoti su come distinguerle, Alessandro mi ha spiegato, che queste due specie sono diventate talmente simili tra loro che è possibile distinguere lavarello e bondella solo al microscopio contando i dentelli delle branchie. Il secondo pesce più pescato è l’agone che viene consumato fresco oppure essiccato, salato e pressato per essere privato dei liquidi e conservato. Dopo questa lavorazione prende il nome di Missoltino. Come tanti altri prodotti “poveri” della tradizione, nati per soddisfare il bisogno di avere qualcosa da mangiare nei mesi invernali, oggi è diventato un prodotto ricercato e “prezioso”. In passato l’essiccazione veniva effettuata all’aperto, oggi si utilizzano appositi forni che sono un po’ meno poetici a livello di immagine (sigh, pensa la fotografa), ma decisamente più pratici e igienici. Poi c’è il persico, altro rinomato pesce di lago. Siamo abituati a vederlo sfilettato e altero nella sua fritta doratura in cima alla cupoletta di risotto, e lo mangiamo senza pensare che è difficile da sfilettare e ha molto scarto. La bottatrice altro pesce pregiato e non grasso, al contrario di quel che si pensa, mi raccontava Alessandro, ha un sapore molto dolce e delicato, se utilizzata in un sugo insieme ai gamberi ricorda nientemeno che l’aragosta. Il luccio, il pigo e il gardone, più spinosi, vengono spesso lavorati per essere consumati con più facilità dai clienti. Il lucioperca, il salmerino, la trota di lago, più pregiati, apprezzati e meno spinosi. E mi fermo qui, ma potrei andare avanti.

La vita dei pescatori di lago che ancora resistono è diventata sicuramente un po’ meno pesante rispetto a quella delle passate generazioni, ma non si può certo definire facile, anzi. Le reti vengono calate al tramonto per poi essere recuperate in diversi orari tra la tarda sera e l’alba, a seconda del tipo di reti usate, delle condizioni atmosferiche e, per alcune specie, della quantità di pesce che si vuole pescare. Durante la notte il pesce preda di più, le temperature in estate sono più basse e “rovinano” meno il pescato, e sul lago di Como si tiene conto anche della diminuzione delle imbarcazioni legate al turismo. Il tempo sul lago cambia in modo repentino per via delle correnti d’aria che arrivano dalle valli laterali e le perturbazioni improvvise possono essere molto pericolose. In altri casi si può osservare la pioggia che cade offuscando l’aria poco distante verso Sud o verso Nord ed essere quasi certi che rimarrà lì. O meglio, Alessandro può essere quasi certo, fossi stata da sola avrei avuto paura di prendermi l’acquazzone, fidandomi del pescatore esperto ero serena e mi sono guardata lo spettacolo. Bisogna conoscere bene il lago per saperlo. Durante la notte sono due o tre le ore di sonno. Per Alessandro segue poi la pulizia del pesce e “un colpo di mano” al ristorante. Poi ancora un paio d’ore di sonno che sono quelle che consentono il miglior riposo perché non c’è il pensiero delle reti nel lago. Ice, il suo fedelissimo compagno di pesca, un labrador retriever, ora anche famoso attore della serie Dogs di Netflix, lo accompagna quasi sempre e Alessandro con lui si sente tranquillo. Questo è il quotidiano. Poi ovviamente c’è tutto il tempo da dedicare alla manutenzione delle attrezzature…

Cercare di conoscere l’origine di quello che mi ritrovo in tavola e chi ha permesso che arrivasse lì sono, per me, la naturale conseguenza del rispetto per il cibo e chi lo produce, della fiducia negli esseri umani e nella loro ingegnosità e intelligenza e della curiosità. Mettersi in viaggio (un’ora di autobus da Como eh, comodissimo per godersi i panorami e risparmiarsi le stradine strette e a curve che collegano Como a Bellagio) per scoprire posti dove lo scorrere del tempo è ancora scandito dalle stagioni tradizionali della zona in cui ho sempre vissuto, è stato per me un enorme piacere. La lentezza e i colori dell’autunno, il riposo e il torpore dell’inverno, il risveglio della primavera e la frenesia dell’estate, a San Giovanni, esistono ancora.

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2018-12-04T22:32:26+00:00 4 dicembre, 2018|