A Tempo Rubato – Un racconto a puntate – Episodio 1

Did things begin to exist only when they were named?

Americanah – Chimamanda Ngozi Adichie

Il motivo per cui amo la traduzione tecnica è, prima di tutto, perché amo le parole, sono curiosa di tutto e adoro imparare cose nuove. E poi sono convinta che, nel bello e nel brutto, le cose esistano un po’ meno se non hanno un nome, se non ci sono parole per definirle. Fateci caso.

Per me, da un alcuni mesi, ha iniziato ad avere un nome il Tempo rubato in musica, abbreviato come Rubato. Rimane così anche nelle altre lingue, non viene tradotto. Succede la stessa cosa a molte altre parole italiane nello stesso ambito. Ma, perché la musica parla italiano? Tutto ebbe inizio intorno all’anno 1000 d.C. quando Guido d’Arezzo, un monaco benedettino, introdusse il nuovo sistema di notazione musicale che presto si diffuse in tutto il mondo, venne riconosciuto a livello internazionale ed è ancora oggi alla base del linguaggio della musica “occidentale”.

La rivelazione di questa locuzione nella sua molteplicità di significati, invece, è un regalo della mia amica Capucine Ollivier, arrivato mentre ragionavamo di parole e di contaminazioni tra l’italiano e il francese e di musica, che è il suo lavoro e la sua specializzazione e di cui io so pochissimo.

Da quel momento vedo Tempo rubato ovunque! Ma partiamo con ordine, poi piano piano vi racconto tutto.

Per capire perché si parla proprio di Rubato bisogna partire dal verbo rubare, che in una accezione antica significava sottrarre, prendere con forza. Mancava la componente di astuzia e destrezza che c’è oggi nel significato di questo termine, perché in quel caso si preferiva usare involare oppure furare.

Per la definizione musicale lascio la parola a chi ne sa più di me:

«Quand mes amis musiciens et moi-même (nous sommes musiciens de jazz) décidons de jouer un morceau, ou une partie d’un morceau « rubato », cela signifie généralement que c’est le soliste (chanteur ou instrumentiste) qui va imposer son propre débit, sa propre pulsation, sa propre interprétation de la mélodie dans le temps. Lorsque l’on joue « rubato », nous sortons du cadre temporel défini par la partition, il n’y a plus de régularité rythmique, le tempo devient « élastique ». La difficulté est double : d’une part, le soliste doit être assez clair dans son interprétation pour pouvoir en quelque sorte s’imposer comme « maitre du temps » ; et d’autre part, les musiciens qui l’accompagnent doivent être suffisamment à son écoute pour le suivre et ainsi maintenir la cohésion harmonique du morceau. De manière générale, pour que cela fonctionne il doit y avoir une entente parfaite entre les musiciens… Si jouer ensemble « en rythme » est difficile, jouer « a tempo rubato » l’est sans doute encore plus!» Capucine Ollivier – Chanteuse de Jazz

E poi…

«Il tempo “rubato” si utilizza quando ci si stacca dalla struttura ritmica del brano che si sta eseguendo, cioè… Solitamente si esegue all’inizio di un brano o avvicinandosi ad una conclusione. Sostanzialmente il tempo del brano rallenta molto, ma rallenta così esponenzialmente che gli esecutori possono suonare ogni accordo “rubandolo” dalla struttura ritmica del brano e farlo durare quanto tempo vogliono, di solito ci si da degli sguardi per ogni cambio di accordo (giustamente perché non si va più a tempo).»                    Elio Marrapodi – Chitarrista Blues

O ancora…

«Tempo rubato [stolen time], often simply called “rubato”, refers to a way of adding expression to music by making the timing of the notes or phrases slightly flexible, “stealing” a little time from some beats or parts of a musical phrase to make others a little longer.»                                                                            Caroline Henderson – Translator, Teacher and Classical Pianist

Oggi mi fermo alle definizioni musicali. Ma non ho finito. Non perdete i prossimi episodi.

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2018-10-26T11:31:12+00:00 22 ottobre, 2018|