«Il tempo per leggere è sempre tempo rubato, come il tempo per scrivere, d’altronde, o il tempo per amare. Rubato a cosa? Diciamo, al dovere di vivere. È forse questa la ragione per cui la metropolitana – assennato simbolo del suddetto dovere – finisce per essere la più grande biblioteca del mondo.» Daniel Pennac – Come un romanzo
Mi è venuto spontaneo pensare come anche nella vita quotidiana facciamo ogni tanto qualcosa di simile al Rubato. Per provare a dettare il nostro ritmo, per modificare senza deturpare quello scritto nella partitura delle nostre agende giornaliere e settimanali, e personalizzarlo, bisogna prima di tutto conoscere bene la partitura e i musicisti, poi riappropriarsi di piccole porzioni di tempo. Per far questo occorre usare la forza, in certi casi, almeno all’inizio, ma piano piano si impara e diventa sempre più naturale. La forza che si deve usare cresce in proporzione al numero di persone che, in qualche modo, dipendono o hanno bisogno di noi. Proprio come nella musica aumenta la difficoltà se si sta eseguendo un brano da solisti o insieme ad altri musicisti. Per qualcuno potrebbe volercene tantissima di forza. Troppa, a volte.
Ognuno ha il suo modo personale di rubare il tempo. A qualcuno non interessa farlo. Non si può classificare in modo rigido e mettere un’etichetta a questo tempo perché non esiste una categoria sola in cui utilizzarlo. Le categorie, in questo caso e in tutti gli altri, sono utili solo se continuamente espandibili, come le galassie.
Il mio tempo rubato è un tempo camminato, da sempre. Necessario, dilatato, flessibile, veloce o rallentato. Il tempo rubato, quello vero, non è mai sprecato. E, soprattutto, si prende per essere restituito in una forma diversa, come diceva riferendosi alla musica il maestro Cortesi.
C’è da dire che il Tempo Rubato al dovere di vivere è anche un lusso che non tutti si possono permettere. Ci sono persone che, per diversi motivi, non riescono a rubare neanche un briciolo di tempo, e persone che invece di rubarlo il tempo lo vorrebbero volentieri strutturare e riempire.
E la metropolitana di cui parla Pennac rimane sempre un bello specchio in cui riflettersi e una bella micro-galassia da osservare, almeno per me, quando sono stanca di camminare. Cambiano i supporti, ma leggono quasi tutti.