Non hai una terrazza sul Lago di Como per vedere i fuochi? Il 23 giugno vai a Lezzeno!
Sono i fuochi d’artificio più importanti del Lago di Como, quelli organizzati ogni anno in occasione della festa di San Giovanni che si concludono con la simulazione dell’incendio dell’Isola Comacina. Per chi non ama la folla, recarsi a Ossuccio o Sala Comacina per vederli, potrebbe essere un po’ impegnativo.
A Lezzeno, proprio di fronte all’Isola, è possibile trovare un posto in prima fila sui piazzali comunali, che sono a tutti gli effetti delle terrazze pubbliche, per godersi lo spettacolo pirotecnico e tenersi a debita distanza dalla baraonda. Questo paese della sponda orientale comasca offre una vista straordinaria sull’Isola e una festa in stile sagra, organizzata da una associazione sportiva locale, con panini, salamella o carne grigliata, patatine, ecc. dove potersi rifocillare e attendere piacevolmente l’imbrunire e i fuochi d’artificio.
A raccontare la storia dell’Isola, vien da riflettere su come era piccolo il mondo o quanto erano tenaci o ingenui o disperati i suoi abitanti in epoca comunale. E su come cambiano le situazioni, ma non gli esseri umani. Sigh.
Tutto ha inizio in epoca romana, verso la fine dell’Impero. L’Isola è stata rifugio per molti durante le invasioni barbariche. Fuggiti dai più vulnerabili paesi costieri e da Como per trovare rifugio qui, gli abitanti trasformano l’Isola in una città fortificata e in uno degli ultimi baluardi dell’Impero Bizantino in terra longobarda. Ma arriviamo in epoca medieval-comunale. A inizio XII secolo, Milano e Como sono rivali e combattono la guerra dei dieci anni. L’Isola si allea con Milano e insieme infliggono una dura sconfitta a Como nel 1127. Le mura romane di Como non ci sono più grazie ai milanesi ma anche agli isolani. Ma brrr, la nostra isoletta la pagherà cara! Nel suo annus horribilis, il 1169, Como, alleata ormai ai ferri corti con il Barbarossa, che almeno in questo disgraziato avvenimento non c’entra nulla, raderà letteralmente al suolo la povera Isola, grazie all’appoggio delle tre Pievi (Dongo, Gravedona e Sorico). Sopravvive una sola delle sue ben 9 chiese e niente altro. Molti abitanti si rifugiano nell’attuale Varenna che, a quell’epoca, viene battezzata Insula Nova. Verrà poi imposto, tramite un decreto, di non ricostruire più nulla sull’Isola. Questo, insieme all’effetto della superstizione, manterrà l’Isola completamente disabitata per molti secoli. Il vescovo di Como ha infatti pensato bene di lanciare pure una bella scomunica sull’Isola. Ceduta dal vescovado alla famiglia Vacana, passerà poi al Re del Belgio a inizio XX secolo, verrà da lui regalata allo Stato Italiano che a sua volta la assegnerà all’Accademia delle Belle Arti di Brera, attuale proprietaria (ora per suo conto è in gestione alla Fondazione Isola Comacina). Anche oggi in effetti non è abitata, ma ospita un bar e una locanda ed è visitabile, a pagamento, da marzo a ottobre. Ma sulla parte più squisitamente turistica mi concentrerò nella prossima puntata… Un posto piccolo, l’Isola è lunga 600 metri e larga 200, con una storia lunga e avventurosa.
L’incendio dell’Isola rievoca proprio gli avvenimenti in cui fu distrutta. E io provo sempre un misto di raccapriccio e ammirazione di fronte alla capacità della tradizione popolare di tener vivo il ricordo di eventi funesti trasformandoli in festa, con “rituali” che si ripetono.
La distruzione dell’Isola avvenne nel mese di febbraio del 1169 e la chiesa risparmiata è l’oratorio di San Giovanni, la cui festa si celebra il 24 giugno, di San Giovanni intendo. Di questo Santo si commemora, a differenza degli altri, la presunta data di nascita. Data molto vicina al solstizio d’estate, che sin dalla notte dei tempi è stato un’occasione di festa pagana in tutta Europa, celebrato con l’accensione di falò per dare il benvenuto all’estate. E da qui ai fuochi d’artificio il passo non è lungo. Una curiosità, invece, è che in passato per la festa di San Giovanni si mangiava la polenta con le lumache. Poi, si riempivano i gusci con olio o cera per le lampade e con queste luci si creava l’incanto. E il mangiare lumache è un’altra eredità del solstizio pagano. Si pensava portasse fortuna.
Tornando a noi e al 2018, come scrivevo, Lezzeno rappresenta, a mio parere, il punto di osservazione ideale per i fuochi. (Segnalo a chi volesse stare sull’altra sponda, che tra Argegno e Lenno, la strada che costeggia il lago sarà chiusa dalle 20 alle 24 di sabato 23 giugno). Lezzeno è il paese più esteso sulla sponda orientale comasca. Conta ben diciassette frazioni. A causa della sua posizione non vede mai il sole in inverno e la luna in estate e, anche grazie a questo, offre una piacevole oscurità che verrà ricamata dalla luce dei fuochi d’artificio e rischiarata dal suggestivo incendio. Sempre da Lezzeno, guardando il lago, anche l’ora blu merita attenzione. Effimera e bellissima arriva inaspettata quando sul lago si accende già qualche lucina delle numerose barche e dei battelli che piano piano riempiranno i dintorni dell’Isola.
Per i più tenaci faccio notare che la festa continua anche il giorno dopo, la domenica, con la suggestiva processione religiosa delle barche Lucia del mattino e l’avvincente regata del pomeriggio. Anche questi eventi sono piuttosto affollati.
Purtroppo l’accessibilità dello spiazzo/terrazza di Lezzeno è limitata per chi ha disabilità motorie, perché per raggiungerla bisogna scendere lungo una scalinata, ma ci sono anche alcuni tavolini in un’area verde a livello strada, perfettamente accessibili e che vengono raggiunti e serviti dai gentilissimi camerieri volontari della sagra. La vista sui fuochi in questo punto è anche meglio, tanto che io l’ho scelto per scattare alcune fotografie.
Per conoscere il programma di quest’anno seguite qui. A breve ci saranno aggiornamenti. Chi ha deciso che i fuochi li vuole vedere da in mezzo al Lago legga invece questo. Il contatto per Lezzeno si trova in questo link e il calendario delle manifestazioni è nella pagina che si apre, in basso a destra.
*Compare with o compare to? Leggi nei commenti al post su FB.